Appunti di viaggio, Luoghi

A spasso per il Rajastan

A spasso per il Rajastan

Dovevano essere venti ore di treno, da Varanasi a Jodhpur, attraversando praticamente tutto il continente indiano da est a ovest; ma come sempre in India i treni partono e arrivano in ritardo…così parto in ritardo di dieci minuti, arrivo in ritardo di cinque ore.

Il tour del Rajastan decido di farmelo a piacimento e non seguendo i consigli di siti internet e agenzie varie; ovviamente sbagliando e complicandomi la vita. Da qua in avanti mi informerò un pò di più.

Arrivo così a Jodhpur, finalmente fuori dal caos più totale delle città, ma come sempre nel caos indiano, ci mancherebbe; la città è splendida, vivibile. Qui tutto è molto più arabo; anche le facce sono diverse. Ci sono molti meno indù e la maggioranza è musulmana. Puntualmente, gli altoparlanti gracchianti posti sopra alle moschee di tutta la città, rimandano i canti degli iman che richiamano i fedeli alla preghiera. Per tutto il giorno.

Amin, il giovane titolare della guesthouse dove avevo prenotato mi accoglie con un rutto sonoro e i piedi sul tavolo della reception, senza scomporsi. Simpaticissimo e gentilissimo, deve solo capire come comportarsi con la clientela non asiatica; o forse sono i non asiatici che devono capire che qua funziona così e adattarsi di conseguenza. Dal rooftop restaurant, che qui si trova in ogni guesthouse, ho una splendida vista su il forte e su tutta la città blu, chiamata cosi per il colore della maggioranza degli edifici. Nel forte della città stanno girando un film di Bollywood, l’Hollywood indiana, e hanno bisogno di comparse di pelle bianca. Mi offrono mille rupie, cena, spuntini e bibite, per vestirmi da soldato britannico e far parte del gioco. Rifiuto! Forse sarebbe stato divertente e mi sarei pagato altre tre notti, ma poi vengo a sapere da un altro ragazzo israeliano che ha partecipato il giorno prima, che lui ha perso quattordici ore, noia assoluta e attesa per girare qualche minuto.

Come sempre da quando sono in India non trovo pace, non riesco a stare fermo, e decido di svegliarmi, pagare il conto e prendere il primo autobus per Jaisalmer, ultima città a nord del Rajastan, piccolina e molto turistica. Incredibile la quantità di diversità culturali, religiose e razziali presenti sull’autobus. Ormai sono abituato a essere guardato con diffidenza, fissato profondamente, quasi violentato con lo sguardo. Non mi ci abituo e non mi piace.

Arrivando a Jaisalmer vedo questo incredibile forte che domina la città da quindici chilometri di distanza. Capisco perché viene chiamata la città d’oro. Le mura del forte e tutti gli edifici della città sono ricoperti di arenaria gialla, finemente lavorata. Sembra sia tutto di un’epoca antica, ma in realtà ancor adesso le case vengono costruite nella stessa maniera, con queste decorazioni incredibili che in foto non rendono nemmeno l’idea.

La mia camera ha una vista impagabile, e per sette euro decido di stare due notti all’interno delle mura del forte, dominando dall’alto la città. La terza notte sarebbe stata quella del camel safari, dormendo sotto le stelle nel deserto del Thar, tra Pakistan e India. Invece passerò tre notti nella gesthouse e diciamolo pure, anche tre giorni. Purtroppo Jaisalmer la vedrò poco: quando meno me lo aspetto l’India mi sorprende e così mi lascia inchiodato alla tavoletta del cesso per due giorni con febbre e vomito. Passo praticamente 48 ore sdraiato sulla mia veranda a vegetare in attesa di miglioramenti. Non parlo con nessuno, non vedo nessuno. Dormo, bevo acqua e dormo. Mi sveglio con una cinquantina di punture di mosquitos tra collo e pancia.

La “saudade” del Mozambico mi prende; ho bisogno di mare e sole. Di un pò di pace. Decido di lasciare così presto il nord e forse la vera India, per andare a Goa sulle coste, dove andrò a lavorare in una guesthouse per tutto dicembre. Prendo l’autobus notturno e in 12 ore arrivo ad Ahmedabad. Smonto dall’autobus pronto per prenderne subito un altro diretto per Goa, altre ventisei ore. Chiedo informazioni, nessuno parla inglese, tutti dicono solo yes, tutti hanno un tuk-tuk da offrirmi. Quando riesco parlare con qualcuno, mi dice che il pullman è già tutto prenotato; le alternative che “l’agenzia” mi propone sono due: restare una notte in città e partire l’indomani, oppure andare fino a Mumbai o Pune e da li prendere un altro autobus per Goa. Sono le quattro di mattina e sono in una stazione degli autobus a bere un chai, respingendo non sempre con gentilezza gli autisti di tuk-tuk che vengono a propormi di tutto ogni venti secondi. Non ho dormito praticamente niente. Mi faccio due conti in tasca, e decido di risparmiarmi un pò di vita e di schiena, senza farmi due giorni di autobus, e spendere venti euro in più. Adesso sono in aeroporto [con piacere noto di non esser l’unico ad usare le infradito con i calzini 🙂 ] per un attesa di otto ore, ma in giornata arriverò a Goa, dove negli angoli più nascosti qualcuno ancora parla portoghese; e forse per un pò mi sembrerà di esser tornato in Mozambico.

3 thoughts on “A spasso per il Rajastan

  1. Sono felice di leggere sempre più racconti e momenti di vita vissuta da questo diario, che trovo più che mai sincero.. Cosa non da dare per scontata, visto che molta gente li utilizza per far sembrare tutto fantastico ed invidiabile.. Beh non è sempre così dico bene caro Luca.?! Non è semplice vivere e condividere culture molto lontane dalla nostra, sopratutto immerse in situazioni di povertà e problematiche di ogni tipo che da essa possono nascere. Impressionanti sono le considerazioni sullo smog, sulle religioni (mi hai strappato un bel sorriso) e sul fatto che non sono tutti buoni e in buona fede, anzi.! Sopratutto se vedono un viso bianco latte (o rosso dipende dall’esposizione… Metti la crema.! ;-b) e capelli color dell’oro.!
    Per concludere ti vorrei dire “Tieni duro.!!” E vedrai che quando meno te l’aspetti incontrerai nuovamente persone favolose che non ti faranno rimpiangere troppo il Mozambico. Sono le situazioni di grande difficoltà che ti insegneranno tanto e anche se sul momento sembrano solo scocciature, sono sicuro che alla fine del tuo percorso non ne faresti a meno, anche perché per la legge degli opposti tanto più difficile sarà un’esperienza, tanto più sollevato sarai ed apprezzerai quando le cose andranno per il verso giusto.! Forza e coraggio, noi ti siamo vicino.! (Sarebbe bello vedere qualche commento in più dai lettori… Io la butto li ehehe) e non farci aspettare troppo per il prossimo articolooo!! Dajee

    1. Beh Luchita, viaggiare è come vivere no? Non è sempre rose e fiori. Che palle sarebbe una vita senza alti e bassi? 🙂 E poi è solo un percorso esattamente come è un percorso quello che fai te ogni giorno o che fa altra gente. Grazie delle belle parole e vienimi a trovare ale prossime ferie!

  2. Bellissimo diario di viaggio. Diretto e audace, un po’ disincantato ma con la capacità di cogliere il giusto incanto nelle cose che meritano. Bravo, ci vado fra pochi giorni e me l’aspetto proprio così, dopo un breve viaggio a Udaipur già fatto e …la puzza mi ha sconvolto. Ma anche talvolta la cortesia e la curiosità naif, la povertà estrema ed un caleidoscopio fuori di testa che Napoli in confronto arrossisce un pochino..e ho fatto 4 vaccini stavolta, chissà che io possa assaggiare un po’ di quello street food nel quale ti sei arrischiato!

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