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L’immigrazione vista al contrario e i racconti di una hippie

L’immigrazione vista al contrario e i racconti di una hippie

E così dopo quasi due mesi di Mozambico mi trovo costretto a richiedere il terzo visto. Incredibile! Tre visti per rimanere novanta giorni sul territorio Mozambicano.

Dopo l’ennesimo rifiuto degli uffici dell’immigrazione a rinnovarmi il visto (avrei diritto a 2 rinnovi, quindi almeno 90 gg totali!), mi ritrovo nuovamente costretto a partire, questa volta sono 11 ore di chapa per arrivare a Maputo con un’altra foratura, più 5 ore su un’autobus incredibilmente comodo per uscire dal paese e arrivare a Nelspruit dove si trova la più vicina ambasciata Mozambicana in Sud Africa. Totale 16 ore….

Nel tragitto Maputo-Nelspruit seduta vicino a me c’è una signora danese con cui faccio una piacevole chiacchierata. Lei vive in Mozambico dal 2005 e in Africa dal 1980, insieme al marito ha una sua azienda mozambicana e nonostante ciò ha ancora problemi ad ottenere un visto semi-definitivo. Così anch’io le racconto le mie disavventure con i visti e finiamo per collegarci al disastro dell’immigrazione in Europa e ovviamente in Italia. La cosa che entrambi troviamo davvero triste è il fatto che gli africani del nord ormai non scappano più solamente dalle guerre o dalle difficoltà familiari o dalla povertà, ma scappano dalle loro origini, cercano quella luccicosità (chiedo aiuta all’accademia della crusca!)  e quello stile di vita che la televisione e i social ormai spacciano per vita reale: la crescita economica – mai ci fu raccontata una cazzata più grande! – la ricchezza per tutti, l’importanza del possedere!

Perché devono venire in Europa per smettere di sorridere? Perché non possono continuare a sorridere nelle loro terre? Ovviamente non si può generalizzare, perché le storie sono personali e sono diverse nelle loro origini e nei loro sviluppi. Quando scappi dalle bombe, dalle persecuzioni religiose o dalla povertà estrema che significa morire di fame…non credo ci sia bisogno di commentare. Hanno semplicemente bisogno di andare via.                 Ma ci sarebbe troppo da dire sull’argomento, e come sempre sarà la storia a dirci chi aveva ragione!

Ma parlando di gente che parte e se ne va, lei va avanti nel raccontarmi la sua storia e di quando negli anni ’70 comprò uno scuolabus adattandolo a casa viaggiante e guidò dalla Danimarca fino in India attraverso l’antica via della seta con i figli e il marito, anche lui professore come la moglie. Home schooling sul bus per i figli e una grandissima avventura di parecchi anni in giro per l’Asia prima di tuffarsi in Africa e restarci: “Morirei se dovessi tornare in Europa e vivere in quel modo frenetico. Per avere cosa poi?” Poi continua:”Non riuscirei più a rapportami con chi ci ha preso per pazzi, con chi non ha mai creduto che provare qualcosa di diverso possa renderti più forte e con una mentalità più aperta. E’ stata un’esperienza incredibile”.

Più tardi con la signora e il marito condividiamo il taxi verso l’ambasciata, e poi ci salutiamo convinti di rivederci domani per il ritiro del visto. Altrimenti, piacere di avervi incontrato sulla mia strada!

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